Almanacco 19 luglio 2021
Il sole sorge alle 5:50 e tramonta alle 20:35. Levata della luna alle 16:00 e tramonto alle 02:00. In fase crescente e nel segno dello Scorpione.
Il 19 luglio è il 200º giorno del calendario gregoriano.
Dies nefastus, ovvero ricordiamo l’incendio di Roma del 64, quando Nerone era imperatore.
Tacito racconta che ebbe inizio vicino al Palatino e al Celio e poi si propagò attraverso le botteghe che contenevano materiali infiammabili. Il vento ne favorì l’ulteriore propagazione.
Rimasero intatti solo quattro quartieri su quattordici, morirono decine di migliaia di persone e un numero indeterminato di feriti.
Senza parlare della conseguente persecuzione dei cristiani, condannati, torturati ed uccisi non per il bene comune ma per quello di uno solo, tamquam non utilitate publica, sed in saevitiam unius absumerentu, come scrisse lo storico.
L’incendio fu tanto violento che non solo è stato definito un flagello ma il più grave della storia di Roma.
Un altro bagno di sangue, avvenuto sempre il 19 luglio ma del 1620, fu quello della Valtellina. Addirittura, definito sacro macello, dallo storico Cesare Cantù, nel 1853.
I cattolici del luogo, fomentati dal governatore spagnolo di Milano, uccisero circa seicento persone. Tuttora, questo triste e orribile massacro è ricordato in Valtellina.
E sempre ritornando a Roma, nel 1943, Roma è stata bombardata dagli alleati, per la prima volta. Morirono 617 persone e papa Pio XII è uscito dal Vaticano per aiutare i feriti.
Ricordiamo ora la nascita di due parchi.
Uno in Italia, nel 1975, Gardaland, in provincia di Verona, il primo parco divertimenti, su idea di Livio Furini, imprenditore veneto.
Il secondo, è il Parco Nazionale di Sagarmatha creato nel Nepal nel 1976, con quattro zone climatiche.
Ricordiamo oggi l’uccisione di Paolo Borsellino e la strage di via d’Amelio a Palermo (dopo due mesi dalla strage di Capaci) dove morirono anche cinque persone della scorta. Era la domenica del 19 luglio 1992, ore 16:59.
Chi erano gli agenti della scorta?
La moglie di Borsellino ha raccontato che “erano persone che facevano parte della
nostra famiglia. Condividevamo le loro ansie e i loro progetti. Era un rapporto, oltre che di umanità e di amicizia, di rispetto per il loro servizio. Mio marito mi disse ‘quando decideranno di uccidermi i primi a morire saranno loro’, per
evitare che ciò accadesse, spesso usciva da solo a comprare il giornale e le sigarette quasi a mandare un messaggio ai suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo e non in compagnia dei suoi angeli custodi.
Agostino Catalano era il capo della scorta, aveva 43 anni, un uomo che aveva sofferto una grave perdita, quella della moglie, morta con un tumore. Era rimasto con i suoi tre figli e l’anno prima di venire ucciso, si era risposato. Proprio quel giorno era in ferie ma era stato richiamato. Si racconta che qualche settimana prima, aveva salvato la vita ad un bambino che stava per annegare.
Walter Eddie Cosina, nato in Australia da una famiglia di Trieste emigrata dopo la guerra. Anche lui aveva sofferto un grave lutto familiare, la perdita del padre. Quel giorno, non doveva essere di servizio, ma sostituì un collega. Era sposato.
Claudio Traina, sposato e padre di Dario, un bambino di undici mesi. Aveva ventisette anni.
Emanuela Loi, la prima donna del corpo di polizia a morire in un attentato mafioso. Una ragazza solare, di soli ventiquattro anni che sognava di sposarsi e di ritornare in Sardegna.
Vincenzo Li Muli, sognava di entrare nella polizia e ci era riuscito. Sognava anche di sposare il grande amore della sua vita. Aveva solo ventidue anni ed era il più giovane della scorta.
Il sesto agente era Antonio Vullo, l’unico sopravvissuto che al momento dell’attentato, stava parcheggiando l’auto della scorta.
Non sono né un eroe né un Kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.
(Paolo Borsellino)
Tanto per rimanere in tema, la parola mafia pare che possa essere ricondotta a un opera teatrale di Giuseppe Rizzotto e Gaspare Mosca, scritta nel 1863, I Mafiusi de la Vicaria.
In realtà, Giuseppe Pitrè racconta di ricordare l’uso del termine già quando era bambino e lui era nato a Palermo nel 1841. L’etnologo precisa che mafioso, all’epoca, aveva una connotazione positiva.
Pare che il termine venga dall’arabo mo’afiah, che significa arroganza, prevaricazione.
Altri, relazionano la parola mafia con il nome Maffeo, simile al Matteo del vangelo che riscuote le tasse e ostenta la sua ricchezza.