Il poeta e conte feudatario di Scandiano (Reggio Emilia), Matteo Maria Boiardo è nato nel 1441, sotto il segno dei Gemelli, come dice lui stesso e muore a Reggio nel 1494.
Tra il 1468 e il 1478 scrive, per diletto della Corte Estense, una collana di settantotto terzine e due sonetti riguardanti i Trionfi. Con i simboli dell’Amore, della Gelosia, del Mondo, della Speranza, del Timore, della Psiche, ecc.
I Tarocchi di Matteo Maria Boiardo ii ispirano a personaggi storici, mitologici e biblici.
La collana è stata pubblicata nel 1523 a Venezia da Niccolò Zoppino.
In realtà, l’opera originale non menziona la parola Tarocchi. Questa appare in un’edizione di fine 1800.
Matteo Maria Boiardo parla di un gioco nuovo di carte e, al tempo del conte, il dibattito sopra codesto uso era alquanto aperto.
Infatti, abbiamo visto nell’articolo sulla storia dei Tarocchi in Europa che, mentre a Milano, la famiglia Visconti li favoriva, a Venezia li vietavano.
Il termine prenderà piede dopo la pubblicazione del testo.
Questo scritto è stato oggetto di critiche e interpretazioni varie, tanto da pensare che sia stato manomesso.
Nei primi quattro capitoli si parla di Amore, Speranza, Gelosia e Timore. Riprende figure mitologiche, dell’antica Roma e bibliche.
Il quinto capitolo, sul Trionfo vano del Mondo, abbiamo personaggi che rappresentano i vizi o le virtù.
Troviamo:
Iil Mondo
La Fatica
La Ragione
L’Ozio
Il Desiderio
La Grazia
Il Segreto
Lo Sdegno
Il Dubbio
La Fede
La Pazienza
L’Errore
La Perseveranza
L’Inganno
La Sapienza
Il Caso
Il Pericolo
La Modestia
La Forza
L’Oblivione
Il Tempo
L’Esperienza.
In tutto sono ventidue, esattamente come gli Arcani Maggiori ma con nomi differenti da quelli che conosciamo.
In pratica, l’opera è la rappresentazione dei Tarocchi con tanto di semi, di numerazione, simboli e sentenze. Per esempio, la Speranza è raffigurata dal vaso di Pandora; la Gelosia dagli occhi di Argo. Così i colori seguono un linguaggio simbolico: l’azzurro per la gelosia e il verde per la speranza.
Furono diversi i palazzi rinascimentali che all’epoca vennero affrescati con il simbolismo dei Trionfi. Non solo, presero a circolare mazzi come quello del Mantegna, quello miniato del segretario del Visconti, già citato.
Un aspetto interessante è che il Boiardo non ci dice come giocare ma suggerisce di usare le carte in modo creativo o di escogitare un uso proprio.
Qualcuno le usava andando per esclusione dei partecipanti. Chi accumulava più trionfi, vinceva e solo chi arrivava alla fine, poteva interrogare le carte.
Nel 1971 arriva nella famosa casa d’aste londinese, una collezione pregiata di Tarocchi tra cui figura anche quella del Boiardo, stampata in xilografia.
Viene acquistata da un collezionista italiano che la rivende ad uno svizzero.
Però il mazzo è incompleto e, al riguardo, sono state formulate tante ipotesi.
Del resto, a conferma della storia, rimaniamo nel mondo del mistero.
Insieme all’autore del Piccolo Principe possiamo affermare che il mistero non è un muro, ma un orizzonte. Il mistero non è una mortificazione dell’intelligenza, ma uno spazio immenso, che Dio offre alla nostra sete di verità.